I diversi restauri nei secoli
I primi restauri della chiesa furono eseguiti dal maggio del 1878 al giugno del 1879 dal bolognese Luigi Samoggia al quale si devono le ancone degli altari dipinte a chiaroscuro e il rifacimento completo della pavimentazione. Infatti il palinsesto attuale composto da mattonelle a forma esagonale non è l’originale.
Seguono, documentate da note spese, altre opere di ristrutturazione: nel 1908 si parla di restauri generali.
Nel Bollettino Ufficiale n. 2 per la Diocesi di Rimini del 1909 si legge che a Santarcangelo si sono eseguiti nella insigne Collegiata lavori che per perfezione sono degni di essere segnalati, sia per i nuovi finestroni, sia per tutto il sistema d’impalcatura adibito per le nuove 5 campane della rinomata fonderia Brighenti di Bologna.
A seguito dei danni provocati dal terremoto del 17 maggio 1916, nel 1917-18 furono compiuti lavori di restauro e riparazione sia alla chiesa che alla canonica.
Nel 1934 furono portati a completamento sotto la direzione del Prof. Antonio Ghinelli di Santarcangelo i lavori relativi all’aggiunta della cupola ogivale del campanile.
Nel 1937 è stato aggiunto il portale in pietra, che contrasta fortemente con la sobria facciata del Buonamici, tutta risolta in cotto.
Nel 1970 si è eseguita la riparazione dei due cornicioni della facciata della Collegiata, con alcune riparazioni al tetto della stessa e della parte del Battistero. Nel 1972 si eseguono riparazioni del tetto delle sale adiacenti alla chiesa sul lato della via C. Battisti, e relativa riparazione del tetto del teatrino adiacente alla Collegiata.
Nel 1976 si ripara il finestrone del transetto sinistro, e nel 1978 la riparazione del primo architrave sull’entrata, nonché la riparazione del tetto relativo alla navata e alla cupola.
Nel 1981 viene sistemato il tetto delle sale adiacenti alla chiesa.
Si arriva così al 1982 anno in cui l’Arch. M. Ioli di Santarcangelo invia alla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Ravenna la richiesta per il restauro dei vani accessori alla chiesa Collegiata. Nel 1983 iniziarono i lavori per il restauro del Teatrino terminato nel 1985. Sempre nel 1983 iniziarono i lavori per la riparazione del tetto del transetto destro e sinistro e dell’abside, del portale della chiesa che fu sverniciato e trattato con olio di lino cotto ed eseguito da B. Giorgi di Pietracuta e tinteggiatura dell’intero soffitto. Tra il 1983 e il 1984 fu restaurata l’ancona del transetto destro dalla Ditta Beltrambini. Nel 1984 furono tinteggiate le pareti della Collegiata e della Cripta riprendendo i colori originali eseguiti dalla Ditta Gabanini Paolo di Cesena. L’interno della Collegiata era completamente di colore marrone chiaro, compreso l’organo. Successivamente il parroco insieme al restauratore Beltrambini si accorsero che nel transetto destro, si stava sgretolando l’intonaco, e sotto leggermente raschiando, s’intravvedeva il colore originale della chiesa. Trattandosi di un edificio sacro del Settecento, il colore era di un verde acqua marina. Dopo tale scoperta il parroco decise di chiamare la Soprintendenza, la quale inviò degli esperti che ribadirono la cosa e dettero l’autorizzazione ai lavori per il ripristino del colore originale di tutto l’edificio.
Tra il 1987 e 1988 furono restaurati l’ancona del presbiterio, e della bussola d’ingresso.
Nel 1991 cominciarono i lavori di ristrutturazione della canonica che furono ultimati nel 1992.
Nel 1995 fu restaurata l’ancona dell’altare dell'”Addolorata” a cura della ditta Beltrambini.
Nel 1996 si rifece il tetto della Cappella del Beato Simone Balacchi (ott.-dic.), il restauro dell’ancona del secondo altare destro della “Presentazione” sempre ad opera della ditta Beltrambini (ott.-nov.).
Tra dicembre 1996 e gennaio 1997 fu restaurata l’ancona del primo altare destro di “S. Antonio”. Nel corso dell’anno 1997 fu restaurata l’ancona del secondo altare sinistro “Ancona Cagnacci”, revisione del manto di copertura della Collegiata, sistemazione del tetto del secondo campanile e del timpano, risanamento della pavimentazione della navata centrale con sostituzione delle mattonelle rotte e lavaggio finale.
Nel 1999 si restaurò l’ancona del transetto sinistro dipinta su muro.
Nel 2000 incominciarono i restauri delle ancone del terzo altare sinistro, del primo altare sinistro e sistemata la cappella del Beato Simone consistente nella eliminazione di due canne fumarie del vecchio riscaldamento. Il locale sottostante fu liberato dalla cisterna contenente nafta.
Gli interventi di restauro sono stati eseguiti da Paolo Beltrambini con tecnica specialistica autorizzata dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici di Ravenna. Da non trascurare il riposizionamento dell’originale e pregevole cancello in ferro sulla soglia d’ingresso della cappella del Beato Simone.
La Cappella, luogo di memorie storiche e religiose fu inaugurata il 12 maggio 2005.
Fonte: Paola Tiraferri (a cura di), Culto, memoria storica, restauri nella collegiata di S. Michele a Santarcangelo di Romagna, Santarcangelo di Romagna, Nuova stampa riminese, 2007, pp. 23-25.
Ultimo atto: la Cappella del Beato Simone
La conclusione dei lavori di restauro alla Collegiata di Santarcangelo
Proprio in questi giorni d’inizio ottobre si darà il via ai lavori di restauro della cappella del Beato Simone nella Collegiata di Santarcangelo. La cappella, come si sa, è stata negli ultimi decenni adibita a sagrestia, “dirottando” il culto del Beato sull’altare di destra del transetto, in posizione senza dubbio più visibile e facilmente accessibile, ma in un certo qual modo più “confusa” fra i numerosi altari laterali della vasta chiesta. La cappella, invece, era stata voluta nei primi decenni dell’Ottocento dal conte Antonio Baldini (che volle anche esservi sepolto, al centro del vano) proprio per istituire una sorta di sacello speciale dedicato al culto dell’unico beato santarcangiolese: anch’esso perciò visto come una gloria civica.
La trasformazione della cappella in sagrestia, quindi, oltre a costituire una manomissione rispetto all’armonico piano originario di distribuzione all’interno della chiesa dei vari momenti liturgici e devozionali, ha comportato anche qualche danno all’apparato decorativo della cappella. Più rilevante di tutti è stato il degrado subito dalla decorazione pittorica ottocentesca per l’installazione di una centrale termica con il relativo camino per i fumi. La decorazione non è di eccelso livello artistico, ma è di buona esecuzione artigianale e di piacevolissimo effetto d’insieme.
Quando la cappella del Beato Simone sarà completamente restaurata, potrà allora dirsi virtualmente concluso il recupero dell’intero complesso della Collegiata, intendendo con ciò non solo l’edificio chiesastico propriamente detto, ma anche gli spazi per le attività parrocchiali e l’antica canonica, che va a formare la pregevole ala meridionale della piazzetta.
Tutto questo complesso di interventi ha richiesto quasi vent’anni di lavoro ed è stato diretto interamente dall’architetto Mauro Ioli, santarcangiolese, socio della nostra Fondazione e consigliere d’amministrazione di Banca Carim. ln pratica, i lavori della Collegiata hanno segnato l’inizio della sua attività professionale e ne hanno accompagnato tutta la carriera.
“In realtà il mio rapporto con la Collegiata – ci dice l’arch. Ioli – è iniziato molto prima della laurea; come per tutti i ragazzini di Santarcangelo, era la chiesa della messa domenicale e il sagrato era il luogo di incontro, di svago, e di gioco con gli amici. Successivamente fu il prof. Augusto Campana il primo a sollecitarmi a mettere a frutto la laurea in architettura per studiare bene la “nostra” (mia e sua) Collegiata. È un edificio splendido, la più bella architettura del Settecento dell’intera Diocesi, ma anche un edificio importante, dalla storia complessa, che non è mai stato studiato e che non è conosciuto come meriterebbe. Fu mons. Sergio Matteini, allora parroco, all’inizio degli anni Ottanta, a chiedermi di mettere mano professionalmente alla Collegiata. Iniziò così, con il recupero della sala del teatrino, in seguito della canonica e sale accessorie, e poi della chiesa, la lunga serie degli interventi sul complesso della Collegiata”.
Come ha affrontato questo lungo impegno?
“Mons. Matteini che ha promosso i lavori fra molte difficoltà e con scelte coraggiose come la vendita del “Supercinema” per finanziare questi grandi lavori, e Don Giancarlo Del Bianco che ora li prosegue essendo subentrato nelle responsabilità di parroco, hanno affrontato l’impegno con entusiasmo e sono riusciti entrambi a trasmettere entusiasmo e senso di responsabilità nei collaboratori. I lavori alla Collegiata sono quindi improntati a questo duplice principio: da una parte la passione per il recupero dell’edificio storico e dei suoi valori artistici e culturali; dall’altra una estrema attenzione e prudenza nel trovare le soluzioni più equilibrate per le innovazioni necessarie all’adeguamento liturgico. Un equilibrio non facile, ma possibile, grazie anche al consiglio di molti amici e all’esperienza degli organismi pubblici interessati; in primo luogo la Soprintendenza di Ravenna (Beni architettonici e paesaggio), nelle persone della Soprintendente arch. Anna Mana Iannucci, dell’Ispettore di zona arch. Valter Piazza, e della Dr. Cetty Muscolino storica dell’arte. Poi c’è stata la Fondazione Cassa di Risparmio che non ci ha mai fatto mancare iI suo appoggio finanziario e anche l’incoraggiamento a proseguire l’impresa, mano a mano che procedevano i lavori, e che da ultimo ha voluto completare l’opera facendosi carico di tutto il restauro della cappella del Beato Simone”.
Quando finiranno i lavori?
“La cappella richiederà sicuramente molti mesi. Un calcolo esatto ancora non è possibile farlo, ma speriamo di aver completato tutto (imprevisti compresi) per la festa del Beato del prossimo anno. Però io, oltre a condurre i lavori, ho anche coltivato un sogno; un sogno che dura ormai da vent’anni e che spero sia possibile veder realizzato. Il progetto originario della Chiesa, di Giovan Francesco Buonamici, prevedeva due campanili gemelli ai lati della facciata: una singolarità architettonica rara nella nostra zona, che avrebbe dovuto sottolineare il carattere solenne e monumentale dell’edificio ed esaltarne il significato di orgoglioso simbolo della città che, scendendo dal colle della Rocca, si espandeva e sviluppava sul piano. I due campanili, insomma, avrebbero dovuto essere l’inconfondibile punto di riferimento di tutto il territorio circostante. Furono le ristrettezze economiche del momento e il peso finanziario del grandioso complesso a far interrompere a metà la costruzione del secondo campanile sul lato monte, mentre anche la cuspide dell’unico campanile realizzato fu completata solo nel 1937 insieme alla messa in opera del portale in pietra. Oggi l’intera comunità parrocchiale di Santarcangelo, in modo concorde come nel 1741 quando chiese a Papa Benedetto XIV Lambertini il beneplacito alla costruzione, dovrebbe impegnarsi per concludere il progetto del Buonamici e dare completezza formale al suo intervento, che fu insieme di tipo architettonico e urbanistico-paesaggistico”.
Fonte: L’Arco. Quadrimestrale di attualità e cultura della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, 2003, secondo quadrimestre (maggio – agosto), pp. 42-45.