Il braccio destro del transetto è interessante grazie al restauro che ha messo in luce l’originaria ancona dipinta secondo lo stile tardo barocco a trompe-l’œil, e due finte nicchie ai lati dell’altare. Sopra l’altare vi è una grande tela con L’adorazione dei pastori eseguita nel 1632 da Giovan Battista Barbiani di Ravenna (1566-1641).
L’altare apparteneva alla Confraternita del Santissimo Sacramento, presente a Santarcangelo dalla prima metà del Cinquecento. L’iscrizione in basso a destra del quadro (ILL.D.HELENA.FIL.Q.EXIMI. D. CAMILLI FERRANDI DE LONGIANO ET UXOR ILL. D. ADRIANI IACOBINI DE S.ARCANGELO EX VOTO) indica che la tela era stata pensata come ex-voto, offerto da Elena, figlia di Camillo Ferrandi di Longiano e moglie del santarcangiolese Adriano Giacomini.
La realizzazione dell’opera è affidata a Giovanni Battista Barbiani, della famiglia di artisti dei Barbiani. Giovanni Battista, a differenza di artisti a lui contemporanei, non risente dell’importante cambiamento stilistico portato dalla scuola Bolognese del Reni e del Guercino. Infatti, nonostante gli anni in cui l’opera è realizzata, si trova ancora un gusto dai modi manieristi, tipici dell’area ravennate.
Il tema dell’adorazione dei pastori è molto frequente della pittura del Seicento. L’episodio, narrato dall’Evangelista Luca, spiega come l’attenzione di Gesù fosse rivolta agli umili e alle categorie più inferiori della scala sociale.
Sulla parete di destra si trova un bel Cristo in pietà sorretto da angeli attribuito al bolognese Giovanni Andrea Donducci, detto “Mastelletta” (1575-1655), uno dei più visionari ed antiaccademici pittori emiliani.
Sulla stessa parete vi è anche un interessante Madonna con il Bambino adorata dai santi Carlo Borromeo e Cecilia di Giovan Battista Amato del 1612.
A sinistra dell’altare vi è appeso un raro e bellissimo Crocifisso del Trecento dipinto a tempera su tavola, proveniente dalla Pieve di S. Michele negli anni trenta del Novecento, dopo un restauro che l’ha risanato, consolidato e liberato da numerose ridipinture. Probabilmente il suo autore è Pietro da Rimini, uno dei grandi protagonisti di quella “scuola riminese” che tante testimonianze della sua arte ha lasciato fra Romagna e Marche nella prima metà del Trecento.
Ci offre l’immagine di Cristo morto, pallido, esangue, che ha molto sofferto; ma, nel pannello che conclude in alto il braccio verticale della croce anche l’immagine di Gesù risorto e benedicente, da considerare insieme a quelle dipinte alle estremità dei bracci laterali, cioè la Madonna e san Giovanni addolorati.
Vicino alle ginocchia di Gesù compare, piccolissima, la figura del committente dell’opera, con il suo nome, Zannolo (probabile diminutivo di Zanni, cioè Gianni-Giovanni).